Mugo step by step
La storia di un mugo yamadori dalla sua raccolta nel 2002 ai giorni nostri
PRIMA PARTE
Piega drastica del tronco
Di Nicola “Kitora” Crivelli
Fotografie dell’autore
e
Monica Crivelli
articolo pubblicato su Bonsai Italia ARTE E NATURA 82
Coltivare Bonsai e Coltivare Amicizie
Il lavoro del Bonsaista è prevalentemente un lavoro solitario. È un lavoro a due: te stesso e la tua pianta. I primi anni di un bonsaista si svolgono nell’ombra, si sperimenta, quasi un po’ nascosti per la paura dei commenti dei più esperti. Poi si sente il bisogno di condividere il lavoro di lunghi anni sulle proprie piante. Segue il bisogno di imparare sempre di più; questo ti porta a conoscere persone anche molto lontane, persone di culture e linguaggi molto diversi dal tuo, che però li accomuna la stessa passione per le “piante in vaso”. Penso ai grandi Maestri Giapponesi che la mia passione mi ha fatto incontrare. Ma anche agli appassionati che s’incontrano alle mostre nazionali ed internazionali. Ora, attraverso i forum e i social network, capita di scambiare esperienze con persone all’altro capo del mondo.
Coltivare le amicizie
Conoscere gente nuova e lontana, ed approfondire le conoscenze con gli amici più vicini. Saper sfruttare le diverse abilità dei singoli, aprire le proprie vedute. In questa lavorazione, in particolare, mi sono valso dell’aiuto di diversi amici. Maurizio, un raccoglitore dall’occhio raffinato. Mario che è sempre pronto a darmi una mano quando c’è da rinvasare un bonsai un po’ oltre le mie misure preferite (chuhin e shohin). Ed infine Enzo, che è ormai uno specialista in pieghe di grossi tronchi e rami, con un particolare talento nell’ingegnarsi a trovare nuove soluzioni.
Un mugo passo dopo passo
Decisi di aspettare, di pubblicare questo articolo, non prima che la pianta avesse raggiunto un certo sviluppo nel suo cammino per diventare bonsai. Io in genere lavoro tutte le mie piante a piccoli passi, all’inizio si ha fretta di vedere i risultati, e questo spesso porta a dei clamorosi insuccessi. Su questo mugo è già una decina di anni che ci lavoro, e non è ancora pronto per una mostra, ma questo è lo spirito del bonsai. Fare un intervento ed attendere la risposta della pianta. Un lavoro in due.
Foto 01 15-4-06 Ecco il pinus mugus protagonista di questo articolo, com’era nell’aprile del 2006, quando entrò nel mio giardino. Foto 02 Foto fatta da Maurizio al momento della raccolta. Fu raccolto nel 2002 dall’amico Maurizio, in un luogo non ben precisato delle alpi Svizzere. Una pianta dal portamento strisciante, come è la maggior parte dei mughi delle nostre zone.
Foto 03 Un particolare tipico di molti mughi yamadori Svizzeri è quella di avere un tronco contorto e cavo
Foto 04 Controllando bene lo shari lungo il tronco, mi accorsi che l’anima era praticamente tutta marcia
Foto 05 La parte più interessante di questa pianta è nella parte apicale. Dopo una prima parte diritta, il tronco si snoda in una serie di bellissime curve
Foto 06 Un lungo ramo era già stato tagliato da Maurizio al momento della raccolta
Foto 07 Anche se il raccoglitore mi aveva garantito lo stato di salute della pianta, decisi di lasciarla vegetare liberamente per diversi anni, prima di lavorarla.
Vigore del Pinus mugus
Molti degli insuccessi con i mughi sono dovuti al fatto che quest’essenza deve essere perfettamente attecchita. Prima di poterla lavorare, dovrebbero passare almeno quattro anni dalla raccolta. Altre essenze sono lavorabili molto prima. Foto 08 La vegetazione è ancora rada. Queste curve serpeggianti dovranno essere messe in evidenza.
Grosse pieghe a fine inverno
Fine inverno è il momento migliore per fare grosse pieghe sulle piante, a breve la linfa incomincerà a scorrere e riparerà subito gli eventuali danni e microfratture causati dalle pieghe drastiche. Per mia esperienza, le pieghe drastiche fatte in autunno, sono più rischiose, perché la parte piegata potrebbe venire abbandonata dalla pianta, o seccare durante il rigido inverno. Se si pratica una piega drastica in autunno, sarebbe l’ideale riparare la pianta in serra fredda per il periodo invernale Foto 09 2 febbraio 2008 Nel febbraio del 2008 (dopo 6 anni dalla raccolta) decido di intervenire sulla pianta. In questa foto si vede bene il difetto di questo materiale, il primo tratto di tronco è diritto e cilindrico.
Foto 10 La vegetazione si era sviluppata su questo lato
Foto 11 Il tratto di tronco che dovremo piegare
Foto 12 Lo shari partendo dalla base arriva fino all’apice, al grosso ramo secco che farò diventare un tenjin.
Foto 13 Appena sotto a questa torsione naturale ho stabilito il punto da piegare.
Foto 14 Per questa operazione complessa, mi sono valso dell’ottimo aiuto dell’amico Enzo Ferrari. Oltre a conoscere bene l’essenza, è una persona dalla manualità creativa.
Foto 15 Con l’ausilio di una fresa abbiamo liberato il tronco dall’anima oramai deteriorata. Svuotando il tronco si rende possibile la sua piegatura.
Foto 16 Mazza e scalpello, sono utensili indispensabili.
Foto 17 In pratica si lavora soltanto sulla parte morta dell’albero.
Foto 18 Con la piega si cercherà di continuare il movimento a spirale del tronco.
Foto 19 Quella indicata dalla freccia è la zona che volevo piegare
Foto 20 Il tronco svuotato
Foto 21 Piegando e ruotando questo tratto di tronco, la zona svuotata si stringerà chiudendosi.
Foto 22 Questa zona diventerà un punto focale dell’albero.
Foto 23/24/25 Rifinisco il sabamiki (tronco cavo) con il dremel
Foto 26 Il tronco svuotato e ripulito
Foto 27 Ancora un passaggio con la spazzola metallica a fibre corte
Foto 28 Il tronco è assottigliato quanto basta
Foto 29 Dispongo una serie di tutori in rame. Per evitare che il tronco, durante la piega e torsione, collassi su se stesso, inserisco un pezzo di tubo di gomma all’interno del tronco.
Foto 30 Sulla parte esterna del tronco, quella viva con la corteccia, posiziono una striscia di gomma. Questa impedirà, invece, che la vena viva si fessuri, interrompendo il flusso di linfa.
Foto 31 Il tutto viene fasciato strettamente con una fascia di gomma. Questa volta ho usato un nastro che viene usato per fasciare i manubri delle biciclette. Ultimamente preferisco usare a questo scopo le vecchie camere d’aria di bicicletta.
Foto 32 Siccome dovremo fare perno sulla base della pianta, la fissiamo saldamente al vaso. Un pezzo di legno impedirà che la pianta venga sradicata
Foto 33 Mi lascio convincere ad usare il metodo già collaudato da Enzo per piegare il tronco. Alcune cinghie a cricchetto vengono fissate alla pianta.
Foto 34 Prima della grande piega ci vuole un aperitivo
Foto 35 Luna, la mia gatta, guarda l’operazione sconvolta
Foto 36 Un bastone viene fissato al vaso ed al tronco del pino. La primissima parte del tronco non dovrà muoversi né piegarsi.
Foto 37/38/39 Si decidono i punti dove fissare le cinghie.
Foto 40 Vai così Enzo, vai di cricchetto. Il tronco incomincia a flettersi, si fa leva su due punti distinti, ed in più impongo una rotazione sull’asse della pianta.
Foto 41 Mentre le cinghie si tirano, io controllo i rischi di eventuali rotture.
Foto 42 Una tiratina su una cinghia una tiratina sull’altra, il tronco si piega secondo il mio intento
Foto 43 Bisogna accentuare la rotazione
Foto 44 Ci siamo quasi
Foto 45 Il tronco si è piegato
Foto 46 Mentre Enzo esamina il punto piegato, io controllo il tronco dal lato che diventerà il fronte della pianta.
Foto 47 Sembrerebbe tutto a posto
Foto 48 Soddisfatti della piega
Foto 49 Il tronco viene fissato con dei tiranti di rame, le cinghie sono state tolte
Foto 50/51 A questo punto faccio una selezione dei rami che non serviranno alla realizzazione del mio progetto
Foto 52 Con questa potatura ho equilibrato il vigore dei rami.
Foto 53 La foto di rito a fine lavoro
Foto 54 gennaio 2009A quasi un anno dalla piega del tronco, il pino si può dire che non se n’è quasi accorto. Questo lato sembra essere il fronte migliore
Foto 55 È stata fatta una prima filatura dei rami, dirigendo le masse vegetative in modo che prendano luce.
Foto 56 Il mugo visto di lato
Foto 57 L’interessante movimento del tronco
Foto 58 L’interessante ten jin
Foto 59 Il giorno dopo tolgo la neve
Foto 60 La neve dà la giusta umidità alla pianta appena filata
Filatura grezza
Nel primo step del febbraio del 2008 abbiamo solo effettuato la piega drastica sul tronco, più una potatura di sfoltimento. Per non stressare troppo la pianta, i palchi non sono stati filati. Dopo un anno, constatando che la pianta era in buona salute ho proceduto ad una prima filatura grezza. Questo tipo di filatura serve a direzionare i palchi in maniera che prendano luce e che si possano sviluppare nel modo migliore. Sicuramente si seguono già dei criteri estetici, ma in realtà si tratta di un passaggio preparatorio che lascia aperte ancora molte possibili varianti d’impostazione. Ho notato che molti Maestri giapponesi usano questo tipo d’impostazione quando lavorano delle piante in dimostrazioni o workshop.
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Grazie per la condivisione in questo modo si impara dalla grande esperienza e capacità estetica ed interpretativa che lei possiede.
Le sue piante hanno uno stile e carattere unico.Ancora grazie per la divulgazione.
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